Differenziare o mantenere la marginalità? A voi la scelta

Agli inizi del ‘900 E. Ford si espresse affermando: “Any customer can have a car (Ford T) painted any colour that he wants so long as it is black”. Oggi sono passati un centinaio di anni da quella frase ed i mercati sono completamente diversi. Le esigenze dei consumatori in termini di varietà di gamma sono aumentate e continuano a crescere di giorno in giorno in maniera esponenziale. Con quale risultato per le aziende produttrici?

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Nella maggior parte dei casi si assiste ad una proliferazione incontrollata di codici di materia prima e della complessità dei processi di progettazione e di produzione. Da qui il grande dilemma: continuo ad aumentare la gamma di prodotti per soddisfare le esigenze di mercato e rinuncio alla redditività, o decido di non ampliare la gamma preservando la redditività? Risulta evidente come entrambe le opzioni, ragionate in un ottica di lungo periodo, siano perdenti. Nel primo caso, con esclusione di alcuni mercati monopolistici ed elitari, la facilità con cui il cliente può trovare quello che cerca da un concorrente ci spazzerebbe via dal mercato molto rapidamente; nel secondo caso, una politica di diversificazione finalizzata all’aumento delle vendite senza un controllo scrupoloso delle spese e dei costi del sistema produttivo porterebbe all’azzeramento dei profitti.
Il cambio di paradigma che l’azienda deve affrontare, riguarda invece la possibilità di standardizzare al massimo i componenti di partenza ed ampliare nel contempo la gamma di prodotti offerta. Questo concetto, che in prima battuta può sembrare contraddittorio, può essere perseguito grazie ad una riprogettazione mirata ad un aumento delle funzionalità dei singoli componenti e della integrazione tra di essi. Tradotto in parole semplici, significa progettare inglobando più funzioni possibili in ogni singolo componente e creare il maggior numero di accoppiamenti possibili tra componenti che svolgono diverse funzioni. Logiche di questo tipo spesso non vengono perseguite in quanto non si riesce a cogliere l’influenza della standardizzazione sulla riduzione dei costi. Analisi costi incomplete ci portano ad identificare il costo produzione come la somma della quantità di materiali impiegati ed il tempo occorrente per la lavorazione e montaggio sul singolo prodotto, perdendo di vista le considerazioni sull’intera gamma, quali ad esempio i costi di gestione, della complessità dei macchinari ecc.

E’ evidente che cambiare il modello di progettazione introducendo un programma di riduzione della varietà richiede un grande sforzo, a livello operativo e gestionale ma soprattutto di mindset, dovendo andare a lavorare sulla “fantasia progettuale” dei tecnici, ma è altrettanto vero che nella maggior parte dei casi rappresenta l’unica ancora di salvezza.

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Cristian Morando, laureato in ingegneria gestionale, ha maturato la sua prima esperienza lean subito dopo la laurea presso una multinazionale italiana operante nel settore dei trasporti lavorando in progetti di efficientamento di celle di produzione. Successivamente ha continuato la sua esperienza lean come KPO (Kaizen Promotion Office) in un’azienda leader nel settore oil & gas. Qui ha partecipato a diversi progetti di miglioramento delle performance in ambito operations e di sviluppo prodotti, affiancato da sensei giapponesi. Ha fatto esperienze internazionali come project manager contribuendo allo start up produttivo di nuovi prodotti. Ha esperienza nell’applicazione del processo di Hoshin Kanri per supportare la definizione ed il rispetto di piani strategici di crescita aziendale. Lavora per Staufen dal 2017 in progetti di lean transformation e operational excellence.

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