Fabbrica intelligente: fra innovazione tecnologia e impostazione strategico-organizzativa

Una leva fondamentale della competitività del sistema paese e a ricaduta di ogni impresa, anche di quelle più piccole, sembra essere rappresentata dalle potenzialità d’innovazione connesse con l’internet delle cose e il concetto di fabbrica del futuro intelligente (Industry 4.0).

Sensibile a questo tema, il Governo ha posto in essere un piano nazionale (il cosiddetto Piano Calenda) che si basa su tre grandi pilastri: finanziamenti allo sviluppo delle imprese (HW e SW), formazione al digitale e valorizzazione delle eccellenze per diffondere la cultura dell’innovazione attraverso la costituzione di Competence Center.

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La mobilitazione sembrerebbe essere generale, almeno sul lato del mondo tecnologico; Cisco ha stretto un accordo con il Miur per la trasformazione digitale della scuola anche in chiave IoT così da formare nuove leve che attiveranno la trasformazione digitale del paese, IBM intende investire in Italia, come sta già facendo in Germania, ingenti risorse per costituire un ecosistema di competenze e di partner in grado di accompagnare le imprese, nello studio, nella definizione e nell’implementazione di un piano per l’implementazione dei processi Industry 4.0.

Purtroppo la mobilitazione sembra invece riguardare solo marginalmente i principali interessati cioè le aziende e in generale il tessuto industriale italiano, forse più incline a mantenere e difendere i livelli raggiunti in attesa di un’auspicabile ripresa economica che però ancora stenta ad affacciarsi all’orizzonte.

Ma il presunto immobilismo del mondo industriale non è solo determinato dalla crisi che attanaglia le economie ormai da quasi un decennio. Forse una motivazione risiede nella consapevolezza della connaturata complessità di questa sfida che la trasformazione digitale pone e che purtroppo non potrà essere risolta con una semplice ed ulteriore iniezione di tecnologia, come da più parti si sente dire.

Essendo un passaggio epocale, descritto da molti come una nuova era industriale, il “4.0” implica un cambio culturale nonché strategico. Le potenzialità che IoT dischiuderà andranno fatalmente ad interessare il core business delle imprese, richiederanno il ripensamento del rapporto azienda-mercato, indurranno molto probabilmente il passaggio verso una economia basata più su logiche di servizio più che di offerta di prodotto tout-court. Tutta la catena del valore dell’impresa ne sarà coinvolta; le aziende dovranno essere molto flessibili e capaci di sfruttare le occasioni di scambio derivanti da un rapporto sempre più personalizzato con il cliente. Flessibilità sarà un mantra su tutti i fronti. L’azienda che arriva a personalizzare la relazione con il proprio cliente (soprattutto nei casi di personalizzazione di massa) deve essere capace di rispondere in maniera flessibile e per questo motivo deve essere snella sia nella fabbrica che nei confronti del proprio ecosistema di approvvigionamento. Deve acquisire capacità per trasformare infinite fonti di dati eterogenei e destrutturati (i cosiddetti data lakes a testimonianza della vastità) in competenze di conoscenza sul proprio mercato. Deve essere capace di superare la logica rigida e a silos per rifondare il proprio approccio alla definizione di strategia in ragione di un nuovo processo di conoscenza finalizzato a dischiudere continue opportunità da sfruttare.

E’ quindi comprensibile che nonostante la spinta esogena indotta dall’offerta tecnologica le aziende offrano una resistenza passiva a questa desiderata innovazione radicale. Ciò non sembrerebbe invece valere per coloro che nel passato, anche recente, hanno provato a far propri i concetti di lean thinking sia in tema di manufacturing che sul fronte di strategia di mercato e marketing; cioè coloro che si sono allenati alla flessibilità e all’interoperabilità abbandonando gli schemi rigidi a silos dell’azienda verticale strutturata.

Ne è testimone proprio un’azienda tedesca, paese ove oggi non solo si vanno costituendo i principi innovativi di fabbrica intelligente 4.0 ma ove in anni passati si è investito molto sulla nozione di flessibilità, qualità e sincronizzazione organizzativa di processo interno ed esterno cliente-fornitore. Schaeffler, azienda tedesca produttrice di cuscinetti volventi è partner di IBM nel polo tecnologico di Monaco di Baviera per accelerare la trasformazione digitale delle attività operative e delle soluzioni per i clienti, sfruttando l’intelligenza cognitiva di Watson per l’IoT. Un caso questo che dimostra il successo e l’efficacia dell’iniezione di soluzioni per la tecnologica digitale nei contesti ove l’azienda è capace di approcciare l’innovazione su tutti i fronti prima di tutto quello strategico ed organizzativo in quanto flessibile e snella.

Un auspicio che l’industria italiana sia in grado di comprendere appieno questi pre-requisiti di ordine strategico prima di affrontare, con un’unica prevalente impronta tecnologica, la trasformazione verso il digitale; anche per non ripetere quello che alla fine degli anni novanta è accaduto con internet e la susseguente bolla speculativa.

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Docente di Marketing presso l’Università Cattolica e ricercatore presso Centrimark (Centro di Ricerca di Marketing della stessa Università), si occupa di tematiche di marketing e disegno strategico e operativo per aziende operanti in vari settori industriali fra cui il settore farmaceutico. All’attività di ricerca e insegnamento affianca la consulenza in ambito direzionale per lo sviluppo commerciale e la revisione del rapporto azienda-mercato con particolare enfasi ai processi connessi alla trasformazione digitale delle organizzazioni. Fra i filoni esplorati annovera il “data science for business” e l’innovazione di servizio connessa alle potenzialità dell’IoT.

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