Una storia vera del decision making

Decision making è il complesso processo di selezionare una scelta logica fra le opzioni disponibili.

Questa è una definizone dal dizionario ma in fin dei conti, in molti prendono decisioni direttamente lungo la strada senza troppa valutazione di alternative.

Se immaginiamo di avere due opzioni, una scelta cattiva sarebbe scegliere una delle due senza pensare. Una buona scelta invece è conseguente alla raccolta di abbastanza informazioni per ridurre la possibilità di errore. C’è però, a volte, anche una terza opzione: nessuna scelta. Ma lasciare le cose risolversi da sole potrebbe sfociare nella peggiore opzione.

Un esempio reale?

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Un bel giorno il CEO di una azienda produttrice di automobili, (che molti di voi probabilmente possiedono), si trovò fra la mani la patata bollente del dover prendere una decisione importante. L’azienda stava affrontando uno studio per comprendere quale fosse la miglior metodologia di verniciatura per un nuovo modello lanciato da lì a breve tempo.

Si misero al lavoro due gruppi di ingegneri, uno dei due proponeva il metodo A e l’altro gruppo invece sosteneva il metodo B. Cozzando di continuo fra loro, non erano in grado di arrivare ad una scelta finale e non sapevano neanche quale fosse un approccio giusto per valutare le due opzioni.

E come i bambini che litigando vanno a cercare il giudizio della mamma, così i due gruppi di ingegneri portarono la responsabilità della scelta direttamente al CEO.

Entrambi i gruppi esibirono evidenze logiche per cui il CEO avrebbe dovuto scegliere un’ opzione piuttosto che l’altra.

Il CEO lì sorprese quando, radunò tutti quanti insieme e disse: “Forza, decidiamo come verniceremo questa benedetta macchina!” E poi tornando serio: “Lasciatemi solamente fare un’ unica domanda a tutti e due i team: perfavore ditemi quale metodo di verniciatura non funzionerà”.

All’unisono entrambi affermarono che sia il metodo A che B proposti funzionano senza problemi.

Allora il CEO immediatamente affermò: “Metodo B, verniceremo le nuove macchine con il metodo B” e se ne andò.

Vi erano tutte le informazioni necessarie per prendere la decisione: entrambi i metodi funzionano, non fa troppa differenza se A o B.

Non era quello che gli ingegneri si aspettavano per la valutazione ma funzionò alla perfezione.

Metodo A, metodo B, scegliamo il B!

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Nicolò Fiorucci, ha messo in pratica il suo background teorico ingegneristico subito dopo la laurea attraverso esperienze in ambito Supply Chain consolidandolo successivamente lavorando per una grande azienda nazionale della GDO. Ha esperienze internazionali in aziende americane e mercato cinese; ma soprattutto ha avuto l’opportunità di essere coinvolto in un importante progetto Lean che gli ha aperto la strada per una carriera basata su questa materia. L’ambiente logistico gli ha consentito di applicare direttamente sul campo le modalità di gestione di kaizen, workshop e tecniche di Project Management. Lavora per Staufen dal 2015 ed è incaricato di progetti di Quality&Engineering in aziende internazionali del settore automotive.

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