One-piece-flow: perchè sembra innaturale?

Osservando un bambino fare i compiti, in particolare esercizi che prevedono una certa ripetitività, si nota come tenda a portarli avanti in parallelo piuttosto che risolverli uno ad uno, per esempio nel caso di traduzione di frasi aventi sempre lo stesso soggetto e predicato prima scriverà i numeri degli esercizi, poi tutti i soggetti in seguito tutti i predicati ed infine si concentrerà sulla parte finale e variabile delle frasi; se gli si chiede perché faccia così piuttosto che eseguirli uno dopo l’altro ti dirà che lo fa per risparmiare tempo evitando di dover pensare ogni volta l’intera frase.

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Lo stesso avviene nelle fabbriche, vi è sempre ad ogni livello e per qualsiasi attività la tendenza a concentrare insieme le attività uguali o simili facendo lotti, vuoi per ridurre il numero di attrezzaggi macchina, di preparazione materiali o anche per un’attitudine naturale delle persone a ridurre per quanto possibile il numero di cambi di attività preferendo l’esecuzione di compiti ripetitivi con minore impegno intellettivo.
La Lean Production ci dice invece che non bisogna fare lotti, la condizione ideale a cui tendere è quella del one-piece-flow: ogni singolo prodotto fluisce con continuità e senza interruzioni attraverso le diverse fasi produttive fino al suo completamento.
Chi ha ragione?
Entrambi. Dal punto di vista del cliente il one-piece-flow mi garantisce il più breve tempo di risposta e la maggiore flessibilità; dal punto di vista del produttore fare lotti mi garantisce i minori costi perché riduco il numero di volte in cui introduco spreco nel processo.
Ma c’è un altro modo per ridurre gli sprechi: agire non sulla loro numero ma sulla loro grandezza: fare un attrezzaggio di 6 ore è equivalente a farne 6 da un’ora, ed è molto peggio che farne 6 da mezz’ora. Ecco quindi che perseguendo costantemente la riduzione degli sprechi (riduzione tempi di attrezzaggio, tempi di ricerca e preparazione materiali, cicli di lavoro standard ed addestramento operatori) le ragioni per fare lotti verranno meno e l’avvicinarsi al concetto di one-piece-flow non sembrerà una pura ipotesi.

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Paolo Naj dal 2008 è partner di Staufen.Italia, e supporta i clienti di Staufen nei loro progetti di trasformazione per aumentare le prestazioni aziendali utilizzando le metodologie della Lean Production. In precedenza ha lavorato 8 anni in una importante realtà industriale italiana acquisendo una profonda conoscenza dei processi aziendali e in particolare dei sistemi di assemblaggio e di tutte le attività operative a supporto di questo (sistema tecnologico, sistema logistico, programmazione). A partire dal 1997 ha intrapreso l’attività di consulenza prendendo parte a numerosi progetti sui temi della Lean Production e del TPM, sia nel settore automotive che in altri settori manufatturieri. Parallelamente ai progetti in ambito produzione ha partecipato a diversi progetti di riorganizzazione dei processi e dei sistemi per la programmazione della Produzione e dei Rifornimenti.

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